Salite in macchina con noi!

Il nostro viaggio all’interno della Croce Verde Baggio prosegue, questo mese vi mettiamo alla guida delle nostre macchine, come chiamiamo noi le ambulanze…o almeno ci proviamo! Abbiamo chiesto aiuto a Emanuele (Soccorritore da 31 anni, di cui 23 come autista, e responsabile della formazione autisti), Patrizia (Soccorritore da 26 anni e autista da 7), Mauro (Soccorritore da 35 anni e autista da 27) e Maurizio (Soccorritore da 12 anni, autista da 9).

Partiamo dalle basi, chi è l’autista di ambulanza?

Emanuele: L’autista di ambulanza è innanzitutto un soccorritore, che ha dimestichezza, capacità e attitudine alla guida ed ha il compito di trasportare equipaggio e paziente nell’ospedale indicato dalla centrale del 118. Questo non si intende nel modo più veloce ma con una guida adeguata per permettere all’equipaggio di lavorare, e che non complichi le condizioni del paziente, magari già critiche. Il trasporto deve essere di qualità, fatto nel minor tempo pratico possibile e in sicurezza, attraverso le strade principali, evitando pavé, dossi e quant’altro. Questo presuppone una conoscenza del territorio e delle manovre praticate dall’equipaggio. Le condizioni di sicurezza possono essere oggettive (il tipo di strada, l’orario, il traffico, il luogo le condizioni ambientali) oppure soggettive (le condizioni del paziente e di tutti i coinvolti, l’equipaggio e i terzi trasportati). Tutto questo in relazione ai protocolli operativi, per questo l’Autista-Soccorritore deve avere esperienza di servizio oltre che di guida, e deve avere una visione più allargata di quello che sta succedendo.
Deve ragionare molto in fretta ed avere molta concentrazione, perché in emergenza pur andando a velocità moderata e in sirena, esponi te stesso e i trasportati a dei rischi.
Deve adeguarsi in maniera molto rapida all’evoluzione della situazione, compreso il fatto che la centrale 118 cambia destinazione o che bisogna cambiare tragitto perché una strada è bloccata. Spesso l’Autista è solo davanti e deve essere orientato, non può guidare alla cieca, la guida deve essere fluida, non solo per permettere all’equipaggio di occuparsi del paziente, ma anche perché bisogna tenere conto che tutte le sollecitazioni meccaniche nel vano sanitario sono amplificate e che il paziente viaggia in senso contrario a quello di marcia.

Cosa vi ha spinti a intraprendere la strada per diventare Autista-Soccorritore?

Mauro: Inizialmente l’ho fatto perché c’era necessità e studiando avevo la possibilità di scendere di giorno e fare decine e decine di servizi. A me piace guidare, l’ho sempre fatto, per lavoro e credo di aver fatto 5 o 6 volte il giro del mondo in macchina…e altrettanti in ambulanza!

Patrizia: La mia scelta è stata di essere una figura completa, polivalente all’interno di una macchina, poter fare il quarto, il terzo, il Capo Servizio (CS) o l’Autista. Questo mi permette di avere una visione a 360° del servizio, dall’inizio alla fine. E’ un ruolo importante perché hai la responsabilità di tutto l’equipaggio, del paziente e di eventuali terzi trasportati.

Maurizio: Differentemente da come dovrebbe essere il percorso, sono diventato prima Autista e dopo CS, perché nel 2011 c’era una grande carenza di Autisti e mi è stato chiesto di ricoprire prima questo ruolo. Come diceva Patrizia, è importante avere una visione di tutto il processo del servizio a 360°, infatti quando ero solo Autista mi sentivo carente perché l’Autista, per forza di cose, partecipa parzialmente al sevizio, vede solo una fase e, non essendo CS, mi sfuggivano determinati particolari sulle tipologie di servizio e sulla gestione dello stesso, cose che ho capito meglio quando sono diventato CS.
Il carico di stress dei due ruoli è diverso: per l’Autista c’è uno stress maggiore, proprio perché hai la responsabilità del mezzo, dell’equipaggio, dei cittadini e ti senti proprio investito da questo tipo di responsabilità… la vita delle altre persone è in mano tua.

Emanuele: Un po’ perché mi piace guidare e un po’ per rimettermi in gioco ed essere più completo. Mi ero stancato un po’ del ruolo di CS, vedevo l’autista come una sfida, un modo per ritrovare la motivazione e mi piaceva l’idea che la responsabilità dell’autista dipendesse quasi solo ed esclusivamente da se stesso. Questo è un limite, perché lo rende solo, ma è anche un punto di forza perché sei da solo a decidere.

C’è un trasporto che vi è rimasto particolarmente impresso? In cui vi siete trovati più in difficoltà?

Emanuele: Difficoltà ne trovi tante, un po’ l’esperienza ti aiuta e un po’ la formazione che cerchiamo di trasmettere, frutto delle nostre esperienze passate. Può capitare, per esempio, che stai facendo un trasporto con un medico a bordo, quindi hai un paziente in condizioni critiche, e la centrale 118 ti fa attraversare la città perché in quel momento lì si trova l’ospedale più idoneo, ti chiedono uno stimato di arrivo e tu devi darglieli, perché è vero che noi siamo sempre volontari, ma di fatto la legge non distingue tra volontari e dipendenti perché veniamo considerati anche noi dei professionisti.

Patrizia: Le situazioni più complesse sono anche quando tu sei davanti che guidi, e sei concentrato sulla strada, il mezzo, le macchine, il traffico e ti rendi conto che dietro non è facile. Ci sono delle situazioni di pericolo dove magari il paziente trasportato è agitato, violento nonostante ci siano le forze dell’ordine e tu devi decidere se fermarti, scendere e dare una mano o se proseguire e arrivare il prima possibile in ospedale. Se non fai l’autista e non fai questo percorso, secondo me, a volte fai fatica a comprendere anche le responsabilità. Perché non è solo quella del mezzo, dell’equipaggio, della tua stessa vita, ma anche la responsabilità che hai nei confronti dei cittadini.

Maurizio: … finché non lo provi di persona non lo capisci. Quando amici o parenti ti chiedono cosa significa guidare un’ambulanza ci provi a spiegarlo ma è difficile se non lo provi, anche soltanto fare il semplice soccorritore… puoi spiegarlo quanto vuoi ma non è mai come viverle in prima persona. E’ un’esperienza che ti chiede tanto ma ti da tanto ed è questo che ti stimola ad andare avanti…

Che messaggio vorreste dare da Autista – Soccorritore? Secondo voi che consapevolezza in più dovrebbe avere la comunità rispetto al nostro lavoro?

Mauro: Rispetto! Adesso il traffico è diventato più compulsivo e mi rendo conto che tra le radio, i cellulari, le macchine chiuse spesso la sirena non si sente o si sente tardi… però c’è anche gente che non ha rispetto. Se l’ambulanza non ha le sirene o i lampeggianti accesi è comunque un mezzo di servizio. La gente non può sapere se hai su un paziente o meno. Quando incroci qualcuno che fa di tutto per sorpassarti o le persone al semaforo che passano sulle strisce e che non si rendono conto neanche di quello che sta succedendo…

Maurizio: Ci vuole anche più informazione, il cittadino dovrebbe capire che se uno va piano non devono suonargli perché magari trasportano un politraumatizzato e se sei in verde non accenti la sirena e i lampeggianti.

Patrizia: Ci vorrebbe più umiltà, più rispetto non tanto alla divisa ma per le persone che sto trasportando, rispetto per il paziente, per il ruolo che sto ricoprendo in quel momento.

Emanuele: Esatto, maggior rispetto per il nostro ruolo, maggior considerazione…c’è questa idea dell’ambulanza che va veloce ma se va piano o non è in sirena allora non significa che non sta lavorando, anche se non siamo in sirena stiamo sempre trasportando qualcuno che non sta bene.
Non c’è la percezione di creare intralcio.

Quest’intervista è stata fatta ad inizio Febbraio, quando il Coronavirus era ancora lontano. Noi siamo coloro che avete applaudito, coccolato con il cibo, divertito con i disegni dei vostri bimbi e saremo sempre gli stessi alla fine di tutto questo.
La nostra speranza è che da questa tragedia abbiate capito il vero valore del nostro lavoro, l’importanza della nostra divisa (indipendentemente se indossata da volontari o da dipendenti) e quanto sia fondamentale ogni minuto.

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